Per il 7° anno consecutivo, l’Organizzazione Save The Children diffonde il rapporto "Le Equilibriste. La maternità in Italia 2022". I dati non sono molto confortanti.
La situazione per le donne che vogliono diventare madri nel nostro Paese non è molto felice: in Italia, infatti, le donne scelgono di diventare madri sempre più tardi, con un’età media al parto raggiunge i 32,4 anni secondo l'Istat. Così, si fanno meno figli (1,25 il numero medio per ognuna, DemoIstat) e il diventare mamme condiziona pesantemente il loro percorso lavorativo, portandole a doversi destreggiare tra impieghi precari e impegni familiari.
È dedicato proprio alle madri il 7° rapporto di Save The Children, con i dati che riguardano la situazione della maternità in Italia. Il titolo del report è “Le Equilibriste. La maternità in Italia nel 2022”, un appellativo che vuole dichiarare da subito la condizione ricorrente in cui si trovano molte donne, madri, lavoratrici di tutta Italia, costantemente in cerca di equilibrio per conciliare la vita professionale e le esigenze di cura dei figli.
La maternità in Italia: un lusso precario
Essere mamma oggi in Italia vuol dire dove fare una scelta, scegliere tra lavoro e famiglia che spesse volte, non per colpa delle donne, non sono compatibili.
Secondo i dati riportati da Save The Children, tramite l’Indice delle Madri elaborato dall’Istat per l’Organizzazione, si identificano le Regioni in cui la condizione delle madri è peggiore o migliore, sulla base di 11 indicatori rispetto a tre diverse dimensioni: la cura, il lavoro ed i servizi.
Inoltre, anche quest’anno, l’indice evidenzia i principali cambiamenti che hanno interessato la condizione delle madri nei diversi territori. Se i tassi di natalità sono ai minimi storici (meno di 400mila nati nel 2021, in diminuzione dell’1,3% sul 2020 e di quasi il 31% rispetto al 2008), le difficoltà nello "stare in equilibrio" tra casa e ufficio sono tante, troppe. E due anni di pandemia non hanno fatto altro che aggravare un quadro critico, in cui il supporto istituzionale latita mentre il carico di cura si fa sempre più pesante sulle spalle di circa 6 milioni di madri.
Inoltre, si copre che il 42,6% delle madri tra i 25 e i 54 anni non è occupata, con un divario rispetto ai loro compagni di più di 30 punti percentuali. Quando il lavoro è stato conservato, spesso si trasforma in un contratto part-time: questo accade per il 39,2% di donne con 2 o più figli minori. E sempre rimanendo nel mondo del lavoro, nel primo semestre 2021, appena poco più di 1 contratto a tempo indeterminato su 10, è a favore delle donne.
Sono state più di 30mila, inoltre, le donne con figli che hanno rassegnato le dimissioni nel 2020, spesso per motivi familiari o perché non supportate da servizi sul territorio, come gli asili nido, carenti e troppo costosi.
Il tasso occupazionale tra uomini e donne subisce un ulteriore divario e cambia notevolmente a seconda delle aree del Paese, arrivando a sfiorare il picco del 62,6% nel Sud, seguito dal 35,8% al Centro e dal 29,8% al Nord.
Ed è sempre più grande la differenza tra i redditi delle donne e degli uomini: si parla di “motherhood penalty” o “child penalty gap”, ovvero le penalizzazioni che la maternità provoca a livello lavorativo, sociale ed ideologico, con conseguenze anche sulla retribuzione.
Insomma, una situazione critica per tutte le donne italiane e per la natalità nel nostro Paese che, se non si trovano soluzioni subitanee, scenderà sempre di più.