Con lo scoppio della guerra in Ucraina, purtroppo il prezzo del grano è salito alle stelle ma soprattutto comincia a scarseggiare. Quali saranno le conseguenze per l'Italia?
Il mercato internazionale dei prodotti alimentari è pesantemente compromesso in questi giorni dalla guerra in Ucraina. Di fatto si è bloccato l’export di grano tenero, mais e concime, e ciò sta avendo delle grosse ripercussioni anche sull’Italia.
La chiusura dei porti sul Mar Nero ha dato il via ad una crisi del grano che, sin dalle prime ore della guerra in Ucraina, era prevedibile. L’appello delle Nazioni Unite è di riaprire immediatamente i porti sul Mar Nero per permettere l’esportazione di silos pieni di grano. Il rischio concreto è che 44 milioni di persone nel mondo soffriranno la fame.
Come spiega la giornalista Milena Gabanelli, attraverso le pagine del Corriere della Sera, l’Ucraina è considerata il granaio d’Europa e la Russia quello del mondo, e l’Italia è una grande importatrice di prodotti legati al mondo agroalimentare provenienti da quelle zone del mondo. La conseguenza, è che il grano tenero sta scarseggiando e ciò ha fatto salire i prezzi. Basti pensare che lo scorso 18 marzo, alla quotazione della Borsa Merci di Bologna, il prezzo del grano tenero era salito del 33 per cento nel giro di un solo mese, sfondando per la prima volta nella storia la quota di 40 euro per quintale.
Come si risolve allora il problema?
Per provare a risolvere questa situazione che si complica ogni giorno di più, il premier Draghi ha recentemente spiegato che bisognerà rivolgersi a nuovi mercati, ma non mancano le problematiche. Sicuramente, i costi maggiori nell’acquistare merce proveniente dall’America, nonché da alcuni elementi chimici che si trovano nei prodotti e che in Italia non sono consentiti per legge.
Secondo la Coldiretti si potrebbero utilizzare gli scarti della produzione di biometano, il “digestato”, ma la direttiva sui nitrati ne prevede un uso limitato per il rischio di atrofizzare le acque. Si è poi chiesto di eliminare i limiti alla coltivazione dei terreni italiani, ma l'ultima parola spetta all'Unione Europea.
Gli effetti concreti di tutte queste proposte e decisioni, comunque, si vedranno nel 2023, quando l'Unione Europea deciderà il da farsi per far sì che le conseguenze sulla popolazione siano davvero minime.
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