Fast Fashion presto bandito in Italia: la svolta ecologista dell'Europa che mette in crisi i brand di abbigliamento

Per anni in Italia e in Europa milioni di giovani e meno giovani hanno acquistato capi d'abbigliamento a prezzi molto bassi. Quell'epoca potrebbe presto finire. La lotta all'inquinamento non passa solo nel proporre alternative alla plastica ma anche e soprattutto dal ridurre le quantità generali di rifiuti. Come noto, le magliette che costano pochi euro non durano a lungo e ce ne si sbarazza molto velocemente. Così come ci sono milioni di pezzi di abbigliamento invenduti che, per 'praticità', diventano rifiuti. E, una volta che diventano inutilizzabili, la stragrande maggioranza di loro finisce nell'immondizia. Se mettiamo anche in conto che per produrre vestiti c'è bisogno di grosse quantità di acqua, una risorsa sempre più scarsa in molte parti del mondo, allora si crea la tempesta perfetta. Ecco perché l'Unione Europea ha pensato di imporre numerosi paletti al cosidetto Fast Fashion nel futuro prossimo. In primis quasi sicuramente diventerà obbligatorio per le aziende tessili utilizzare materiali sostenibili, così come dichiarare quanti capi invenduti finiscono ogni anno nelle discariche. Molti grandi brand mandano tonnellate di rifiuti nelle discariche a cielo aperto del Sud del mondo, dove i controlli sono inesistenti e dove ci sono migliaia di 'cimiteri' di vestiti mai indossati dagli esseri umani.

La Commissione Europea, infatti, definisce il nuovo programma come "una nuova strategia per rendere gli indumenti più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili per combattere il fast fashion, i rifiuti tessili e la distruzione dei tessili invenduti, e per garantire che siano prodotti integralmente rispetto dei diritti sociali”. Da un lato, l'UE richiede quindi impegni da parte dei produttori, ma dall'altro richiede anche impegni da parte dei consumatori. Questi ultimi saranno chiamati a riflettere maggiormente su quali realtà lavorano in modo sostenibile e quali, pertanto, dovrebbero essere premiate. Inoltre, devono capire quando buttare via la tuta e trasformarla in spazzatura. Insomma, l'UE ha (per ora) fatto la sua parte imponendo nuove regole alle imprese manifatturiere. La speranza è che entro il 2030, visti questi obblighi, il fast fashion possa essere notevolmente ridotto. Ma l'impegno dei cittadini è fondamentale: devono essere consapevoli delle proprie responsabilità nei confronti del pianeta e fare scelte consapevoli.

Questo potrebbe significare la fine di un'era: sarà molto difficile, tra circa cinque anni, vedere ancora le t-shirt a meno di 10 euro. Il futuro dell'abbigliamento sarà sempre più eco sostenibile e con una presenza sempre più marcata degli abiti riciclati. C'è chi, per moda, indossa abiti dei decenni passati e fa al contempo un favore all'unico pianeta che abbiamo a disposizione. Molto presto questa sarà la normalità. O almeno ci saranno sempre meno abiti freschi di fabbrica e sempre più pezzi di abbigliamento riciclati, più durevoli o 'rinati' tramite processi vari. Per decenni non ci siamo curati dell'ambienti e queste sono le conseguenze sulla nostra spesa quotidiana. Una svolta necessaria: il mondo sta morendo soffocato dai rifiuti e per il momento non esiste un altro pianeta abitabile da 7 miliardi di persone.